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06 gennaio

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La teoria delle finestre rotte

La teoria delle finestre rotte

Nel 1969 un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford decise di fare un esperimento sociale. Abbandonarono due automobili in strada, una nel Bronx, quartiere storicamente povero e conflittuale di New York, l’altra a Palo Alto, zona ricca e tranquilla della California. L’interazione tra l’evento e gli abitanti di queste due diverse zone degli Stati Uniti ha generato quella che oggi viene chiamata comunemente la “teoria delle finestre rotte”.

Il gruppo di lavoro guidato dal professor Philip Zimbardo monitorò la situazione nelle due diverse zone nei giorni successivi all’abbandono delle auto. Nel Bronx l’auto era stata smantellata in pochissime ore, privata di tutte le parti che potevano essere utili. A Palo Alto, invece, l’automobile era rimasta intatta. Dopo una settimana i ricercatori hanno deciso di rompere uno dei finestrini della vettura. Risultato: in poche ore anche nella ricca e tranquilla zona di Palo Alto s’innescò lo stesso smantellamento dell’auto avvenuto nel Bronx, furto, violenza e vandalismo.

La causa della reazione degli abitanti delle due diverse zone non era da ricercare nella sola povertà, come pensato in un primo momento, ma si nascondeva in dinamiche psico-sociali ben più profonde. La “teoria delle finestre rotte” infatti, si basa sull’assunto che se nella gestione di un particolare territorio vengono tollerate e trascurate le piccole trasgressioni (come non riparare una finestra rotta da un sasso), queste innescano un processo di decadimento che potrebbe generare fenomeni di emulazione.

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